Ben ritrovati amici di Gessetti. Vi auguriamo un buon inizio anno. Come da tradizione per il numero di gennaio, vi proponiamo il "best of" del 2023. Quindi troverete in:
Appello- l'intervista al dirigente Alfonso D'Ambrosio su classi DADA e "scuola senza zaino" (n° di aprile 2023);
Laboratorio - l'utilizzo dell' intelligenza artificiale in classe (n° di novembre 2023);
in Intervallo, un consiglio su "Sfide", una serie di incontri per gli insegnanti organizzato da Terredimezzo.
Vi auguriamo una buona lettura e un buon ascolto per gli amici del podcast!
Conversazioni per una scuola in movimento
dal numero di aprile 2023, Gessetti 4 - 2023
Siamo in un momento di grandi cambiamenti nella scuola italiana: per la prima volta, forse, grazie alle missioni del PNRR, ci è data la possibilità di modificare l'assetto tradizionale delle aule e di modificare sistematicamente la didattica. Ne parliamo insieme ad Alfonso D’Ambrosio, dirigente scolastico dell’IC Lozzo Atestino, Cinto Euganeo e Vo’.
Sono stato dal 2007 al 2019 docente di Matematica e Fisica - ci dice - ho insegnato in tutte gli indirizzi delle scuola superiori (tecnici, licei e professionali), anche nella paritaria e credo che questo mi abbia dato un taglio diverso per ripensare sia la professione di insegnante che quella di dirigente. Della scuola paritaria per esempio ricordo i momenti passati con i colleghi e con il coordinatore didattico con la grande volontà di rimanere a scuola per i ragazzi (senza mai guardare l’orologio) e questo è stato un momento molto formativo, fino al momento in cui sono entrato di ruolo nella scuola statale. Ero già nelle GAE con la SSIS: sono due anni che dovrebbero essere riportati nel percorso di orientamento per i docenti o tutt’al più il FIT, del D.vo 59/2017. Ho vissuto la difficoltà del precario, a 700 km da casa.
In misura diversa anche io ho vissuto questa difficoltà: ho insegnato in una scuola paritaria che non rispettava i contratti nazionali. Ma perché voler investire in questa professione?
Avevo un posto di ricercatore all’Università, ma ho scelto l’insegnamento per dare ai miei alunni quello che non avevo avuto io: ho sempre amato la fisica fin da piccolo ma mi sono ritrovato sempre davanti una scuola che mi ha dato solo quantità, conoscenze e mai non dico competenze, ma neanche esperimenti… non abbiamo mai fatto laboratorio scientifico. Abbiamo sempre desiderato andare oltre. A 16 anni, l’ho detto anche nel mio TEDx, ho chiesto alla prof di spiegarmi alcuni passaggi della relatività ristretta e lei mi ha risposto che non era il momento. Non mi ha mai più risposto. Nel mio lavoro di insegnante e anche di dirigente ho cercato di realizzare una scuola delle giuste domande, che ti portino dentro un percorso di senso della propria vita.
Ho incontrato non pochi ostacoli, ma anche tante soddisfazioni.
Le più grandi delusioni? Dagli adulti. Le più grandi soddisfazioni? Dai bambini e dai ragazzi.
Io ho fatto un percorso un po’ diverso: da quando sono entrata in ruolo, nel 2000, ho sempre insegnato alla secondaria di I grado. Mi è sempre piaciuto sconfinare, leggevo (e leggo) moltissimo, studiavo per capire come coinvolgere i ragazzi, cercando di supplire alla mancanza di una solida preparazione didattico-pedagogica, non prevista nella mia laurea in lettere. Sono arrivata al mondo dell’homeschooling americano, tramite dei libri e poi i blog, e da lì il passo alla proposta di una didattica attiva è stato facile. Devo dire che durante gli anni del ginnasio e del liceo classico, qualche spunto, invece, da alunna l’ho avuto: ricordo il prof di italiano che, invece di spiegare per ore lo stile di Petrarca, ci ha assegnato un sonetto per coppia e ci ha chiesto di individuare le figure retoriche, gli stilemi e gli aspetti rilevanti presenti nel testo. Ecco, io Petrarca non l’ho più dimenticato.
Ma facciamo un passo ulteriore: come mai hai deciso di diventare dirigente?
Per non far subire ai docenti quello che avevo subito io da un dirigente, che veramente mi ha ostacolato, che non guardava l’altro e non curava la relazione, ma solo l’aspetto burocratico. Ricordo che avviava molteplici contestazioni di addebito, senza concluderle, perché non riusciva a comprendere quale fosse il vero senso della scuola. Mentre studiavo mi dicevo: ma ne vale veramente la pena di abbandonare una professione che amo? Poi alla fine è stata un’epifania: dal 2019 a oggi non cambierei più il mio attuale lavoro per ritornare a essere docente. Ma anche in questi 4 anni ho continuato a insegnare, occupandomi di formazione per il Ministero su robotica educativa, metodo scientifico, didattica delle scienze, leadership educativa, gli ambienti di apprendimento e intelligenza artificiale, sempre con una grande attenzione alle metodologie didattiche.
Io avevo già degli incarichi di coordinamento: ero stata funzione strumentale e poi vicepreside di un istituto comprensivo e nel portare avanti questi compiti mi sono resa conto di poter dare un’impronta alla scuola, diffondendo ciò che io facevo nell’ambito-classe. Come dice una mia giovane amica, fare la dirigente scolastica è una posizione migliore per “fare la rivoluzione”. Per farlo, certo, ci vuole un’idea di scuola: ci diresti qual è la tua?
Ti rispondo con le parole con le quali mi ha risposto alla stessa domanda Daniela Lucangeli: la scuola fa la differenza.Credo che una scuola possa determinare il destino per un’intera comunità. La scuola deve dare il differenziale educativo: lo dico da fisico, il differenziale è ciò che permette alle ruote di muoversi a velocità relative diverse, quindi permette di curvarci. Ecco, il differenziale educativo permette a ciascuno e a tutti di trovare la propria strada, curvando, inciampando, tracciando non tanto il punto di arrivo, ma il modo in cui ci si arriva: posso arrivare da A a B dritto o posso passare da un’altra strada. Quello che conta è non dove si arriva ma il senso dell’essere scuola, quindi il percorso, i passi e le orme. La scuola così concepita è una scuola che si basa su aspetti molto semplici: la cura, non solo del corpo ma anche dell’anima. Una scuola che educa, che coltivi non solo le potenzialità di ciascuno, ma che coltivi il terreno che dia a ciascuna rosa quello che è il giusto e credo che questo sia importante. Alcuni mesi fa ho avuto una grandissima lezione da una maestra, che in passato forse avevo visto lontana da certi strumenti tecnologici: con un certo tono di mestizia mi chiedevo come mai alcuni insegnanti non agissero in un certo modo. Mi sono risposto andando più spesso nelle sue classi e vedendo che il suo fare scuola era lo stesso ma con strumenti diversi. Ecco, occorre trovare più tempo tutti, insegnanti e dirigente, per rimanere insieme e coltivare un'idea di scuola, anche con strumenti e metodi diversi, non importa. Altrimenti il rischio è di arenarsi e di non uscire dalla propria autoreferenzialità. Dal mio precedente lavoro all’università ho imparato che fare squadra, ascoltarsi, costruire insieme sono competenze fondamentali anche in un ambiente lavorativo come la scuola.
La mia idea di scuola è molto simile alla tua, anche se io uso altre parole: la scuola come luogo di bellezza, intesa come gradevolezza degli ambienti ma anche come benessere delle relazioni, sia tra pari che tra impari. In cui abbiano spazio i colori, non solo quelli delle pareti, ma anche quelli della scoperta del punto di vista degli altri, della diversità e della varietà. E il fuori: dell’outdoor learning e del territorio, del mondo, del nuovo. Degli incontri con chi si impegna, con chi lavora, con chi combatte buone battaglie. La mia scuola ideale, che sto provando a rendere gradualmente reale, è quella del fare, del costruire, del provare e riprovare, sporcandosi le mani (hands on didactics, dicono i sostenitori dell’homeschooling). Mi interessa però sapere quali passi concreti hai fatto da dirigente per attuare la tua idea di scuola. Come hai proposto, in particolare, la metodologia Senza Zaino e DADA?
In realtà anche la mia idea di scuola è molto simile alla tua.
È per questo motivo che il benessere è la nostra prima priorità e misuriamo il FIL, la felicità interna lorda. Lo facciamo con ambienti di apprendimento molto belli, con i patti Educativi di comunità, con una forte connessione con il territorio.
Dirigo una scuola costruita di recente, nel 2018, in cui era già presente in una classe la sperimentazione della metodologia Senza Zaino. C’era tanta voglia di sperimentare: è la fase in cui il dirigente può potenziare o affossare il cambiamento. Nel giro di quattro anni siamo riusciti dall’avere solo due ambienti innovativi a diffondere Senza Zaino a tutte le classi di un plesso. Cosa si intende per ambiente innovativo? Quello che, come dice Mario Castoldi, permette a docente e alunni di esplorare in maniera più o meno libera e sicuramente con un intenzionalità didattica il proprio percorso di apprendimento. Con DADA è stato relativamente più semplice, forse perché conoscevo già la Didattica per Ambienti Di Apprendimento, praticandola già nella scuola dove ero docente: nel 2015 sono stato nominato migliore docente innovatore nella Global Junior Challenge e quindi ho sperimentato tantissimo anche le aule tematiche. Così ho proposto DADA e un incontro di formazione in presenza, subito prima del 20 febbraio 2020, giorno in cui a Vo’, prima che in tutta Italia, le scuole sono state chiuse. Poi siamo partiti pian piano e appieno quest'anno. Negli anni del Covid abbiamo investito su Senza Zaino, mentre su DADA far ruotare le classi è stato rallentato, vista la necessità della sanificazione delle aule. Il problema, comunque, non è tanto investire su ambienti di apprendimento tematici, ma come migliorare DADA, agendo sul curricolo personalizzato. Noi abbiamo optato per la realizzazione dei cosiddetti “club” nei mesi di ottobre, novembre, febbraio e marzo il venerdì mattina dalle 8 alle 11 tutti gli insegnanti si fermano, le classi si aprono e su proposta degli stessi docenti si propongono dei percorsi personalizzati, non come scuola-spettacolo o gioco, ma pertinenti, ad es. musica e cinema, matematica e calcolo delle probabilità o scacchi. Alla scuola primaria la chiamiamo Classe tra le classi.
Al collegio propongo sempre alcune cose, che abbiano un’efficacia:
-di ragionare per dati ed evidenze, secondo la metodologia della Evidence based education
-di guardare ai grandi (Froebel, Montessori, Don Milani…)
Soprattutto dando libertà di sperimentazione, perché le persone non si muovono se non hanno libertà di esplorare e sperimentare. La reazione dei docenti è stata positiva: il cambiamento ha portato a un ripensamento della scuola in diversi aspetti. Decliniamo l’azione della nostra scuola con alcuni verbi e il primo è “comunicare”: comunicazione che vede i docenti parlare, agire insieme, esperire insieme al dirigente scolastico. Sono un dirigente che entra nelle classi tutti i giorni, sperimenta insieme agli insegnanti, fa ogni tanto lezione. Su un centinaio di docenti, alcuni, tre o quattro, hanno detto no, motivati dalla paura di perdere le proprie routine, il che è umano. Ma non c’è mai stata una presa di posizione contro.
I dati ci danno ragione: abbiamo aumentato il numero di iscritti, in una zona a forte calo demografico, perché quello che accade con i docenti lo abbiamo messo in atto anche con i genitori, costruendo un grande senso di comunità e questo alla fine ci ha portato ad aprire uno spin off, facendo lavorare con noi anche delle aziende a cui offriamo spazi di co-working.
Grazie! Noi siamo ancora nella fase di ideazione, progettazione, formazione. Ma la volontà di passare al modello DADA c’è ed è collegiale. Certo, non si tratta solo di una modifica del setting e dell’organizzazione: occorre cambiare la mentalità, il setting mentale. Che ne dici? Quali pro e contro incontreremo?
Nel caso di senza Zaino, che abbiamo sia all’infanzia che alla primaria e nel caso di DADA alla secondaria (c'è da dire che in un plesso della primaria abbiamo anche un progetto di outdoor education, Scuola a cielo aperto), i punti positivi sono soprattutto legati alle routine che portano ad agire in maniera organica. Forse la criticità sta nel fatto che non c’è una rete analoga a quella montessoriana, certificata a livello nazionale, che permette di pescare i docenti nella rete dei docenti già formati. Quello che succede è che a causa di un precariato molto diffuso qui nel Nord-Est ci troviamo ogni anno a formare insegnanti ex novo. Lo facciamo tramite la pratica dell’onboarding, dando loro degli strumenti e rispondendo alle loro aspettative. Qualche criticità si può riscontrare nell’aprirsi ad alcune tecnologie digitali, robottini che si costruiscono, LED che si accendono, sensori per sperimentare le scienze. Per DADA il rischio è un po’ più alto, come dicevi, di chiudersi in delle classi, concentrandosi solo su aspetti di vigilanza, sicurezza per garantire la rotazione degli alunni e concependosi ancora di più come monadi. In molte scuole che aderiscono a DADA, ci si limita ad arredare gli ambienti di apprendimento senza dedicare attenzione agli aspetti pedagogici, che invece sono più importanti e che si trovano in modo più presente in Senza Zaino. Stiamo lavorando quindi per accrescere il senso di comunità, non a caso abbiamo esteso alla secondaria la programmazione collegiale, rendendola un momento mensile. Per fare un esempio ancora più semplice: noi da due anni abbiamo portato la valutazione narrativa alla secondaria di primo grado, ma non può esserci una buona valutazione se prima non si passa da una profonda riflessione sulle didattiche. E le didattiche sono flussi prototipici.
Ci hai dato molti spunti su cui riflettere e lavorare. Concludo con una domanda: ci lasci qualche consiglio di libri da leggere per approfondire? E un sito?
Si dice sempre di non citare se stessi, ma se vi fa piacere, non per pubblicità ma per dare conto di un’esplosione, di un racconto di questi quattro anni di dirigenza, consiglio il libro scritto a quattro mani con Barbara Letteri e con l’intervento di altri, tra cui Daniela Lucangeli, che è Dirigere la scuola, edito da Logus Mondi interattivi. Poi, di libri ce ne sono tanti, mi limito a citare autori: Marco Orsi per Senza Zaino, gli scritti di Giancarlo Cerini e della professoressa Daniela Lucangeli, Franco Lorenzoni. Se vogliamo andare su manuali più tecnici, suggerisco Gli ambienti di apprendimento di Mario Castoldi e i libri fortemente operativi della rete Indire con Carocci editore, come Il dialogo euristico. Per quanto riguarda un sito, da fisico, suggerisco Scientix, che è la community dei docenti di scienze a livello europeo, dove si trovano molte proposte sul fare scienza, anche in italiano, focalizzate non tanto sullo strumento all’ultima moda ma sulla buona didattica.
Tiziana Palmieri - @tiziana_palmieri_
Usare l’intelligenza artificiale in classe e a scuola in modo intelligente
dal numero di novembre 2023, Gessetti 10 - 2023
Qual è la reazione degli insegnanti quando sentono parlare dell'arrivo dell'intelligenza artificiale nell'ambito dell'istruzione? Io ho attraversato tre fasi: qualche mese fa reagivo con indifferenza, pensando: “non mi tocca, ancora troppo lontana dalle aule scolastiche”. Poi ho iniziato a mostrare un’espressione preoccupata, quella di chi ne sa ancora poco per potersi esprimere, ma è in allerta per un pericolo imminente. E ora? Per potervi dire come reagisco oggi, dovrei raccontare la mia esperienza.
L'IA, in particolare attraverso strumenti come ChatGPT, offre tantissime possibilità nella sfera dell’istruzione. Innanzitutto può agevolarci nello svolgimento di attività burocratiche, come la creazione di programmazioni e verbali, permettendoci di risparmiare tempo prezioso. Inoltre, può aiutarci a rendere la didattica più inclusiva, ad esempio per creare testi ed esercizi adatti agli studenti con background migratorio o con bisogni educativi speciali (BES).
Sperimentando, mi sono resa conto dell'incredibile potenziale di ChatGPT e ho abbracciato con entusiasmo questa tecnologia, perché mi ha aiutato a strutturare le mie lezioni in modo più efficiente, dando un senso logico alle mie elaborazioni creative. Se solo avessi avuto accesso a questa risorsa due anni fa, avrei concluso molto prima un progetto di educazione civica basato sull’invenzione di un racconto fantasy di gruppo su una scuola di magia, la “Magic Green School”, legata alla sostenibilità e al rispetto dell’ambiente. L’IA in questo caso mi avrebbe aiutato a unire tanti brevi testi dei miei studenti: descrizione degli spazi della scuola, dei personaggi, narrazione della lotta contro l’inquinamento.
Vedo l'IA come il nuovo "internet" del nostro tempo e penso che dovremmo sfruttarla e insegnare a usarla, proprio come è stato fatto con la rivoluzione di Internet negli anni passati.
Il mondo si evolve a una velocità incredibile e prima o poi (più prima che poi) tutti i nostri studenti la incontreranno, perciò penso sia nostro compito educare all’uso etico, responsabile e corretto del digitale, soprattutto se così tecnologicamente avanzato, ad esempio evitando di usarla per barare.
Dovremmo anche insegnare ai nostri studenti a osservare i limiti e gli errori (le cosiddette “allucinazioni” di ChatGPT), metterli in guardia, per evitare la disinformazione.
Dovremmo usarla in classe per stimolare il problem solving, incoraggiando gli studenti a porre domande sempre più dettagliate per creare dei prompt (istruzioni) adatti a raggiungere risultati specifici. Ciò può essere d’aiuto per sviluppare le competenze dei nostri studenti, come il pensiero critico e creativo. Ad esempio, dopo aver sfogliato e analizzato in gruppo l’albo illustrato di Shaun Tan Le regole dell’estate ho chiesto di pensare ognuno alla propria regola dell’estate per poterla rappresentare. Abbiamo usato l'IA di Canva tramite l’app “contenuti magici” per creare un’immagine a partire da un testo descrittivo, basato a sua volta sul disegno precedentemente realizzato.
Ancora, possiamo farla sfruttare positivamente per far capire come riassumere un testo e sviluppare abilità di sintesi, magari come “controprova” per verificare l’efficacia del proprio lavoro, o anche come supporto allo studio, nella creazione di mappe e schemi.
Non dobbiamo temere l’intelligenza artificiale, ma abbracciarla (con cautela) e sperimentare perché può diventare una risorsa rivoluzionaria per l'educazione, proprio come Internet ha fatto in passato.
Valentina Demuru - @una_prof_col_trolley
Gessetti consiglia… un appuntamento!
Dal 22 al 24 marzo si svolgerà a Milano (all’AllianzMico) la settima edizione di SFIDE - LA SCUOLA DI TUTTI, organizzato da Terre di mezzo Editore, in collaborazione con Erickson e Movimento di Cooperazione Educativa.
I 70 appuntamenti in programma affronteranno diversi temi: metodi per l’inclusione, orientare attraverso le storie, l'avviamento alla professione docente, la valutazione e il dialogo in classe, l'educazione visiva e outdoor, e molto altro.
I biglietti per l'ingresso alla fiera e per la prenotazione a ciascun evento si acquistano solo online. Puoi consultare il programma al seguente link.
Noi di Gessetti ci saremo. Ti aspettiamo!
Abbiamo pensato al nome Gessetti perché ci è sembrato l'oggetto più adatto a rappresentare i molteplici colori che compongono la realtà della scuola. La scuola che ci piace è infatti variopinta come la vita. Anzi, a scuola c'è vita: ci sono soffitti di domande, risate e anche sogni. Ci sono pareti tappezzate di confronto, incontri e, a volte, delusioni. Ci sono lavagne di cose nuove da imparare e di abitudini da reinventare.
Ci accomuna l'amore per la scuola come luogo di scoperta e di apprendimento, di crescita e di civiltà per tutti.
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