Ben ritrovati amici di Gessetti.
Oggi vi presentiamo una novità tra le nostre rubriche: l' "Ora di lettura 0-10" a cura di Francesca Scileppi (Ig: @effedimaestra).
Questo numero di febbraio è dedicato all'educazione civica e in particolar modo troverete:
in Appello, la lunga storia dell'educazione civica in Italia;
in Laboratorio un doppio spunto: un'unità didattica sulle specie aliene invasive e un' attività a tema violenza di genere;
in Intervallo un consiglio di lettura;
in Ora di lettura 0-10, due #albiatema "guerra";
infine le consuete Frasi alla lavagna.
Vi auguriamo una buona lettura e un buon ascolto per i nostri amici del podcast. Alla prossima uscita, che vi ricordiamo sarà il 1 aprile 2024!
La lunga storia dell’educazione civica in Italia
L'educazione civica in Italia ha una storia che ha attraversato diverse fasi nel corso del tempo. Di seguito sono riportati alcuni punti salienti della storia dell'educazione civica in Italia:
Periodo post-unitario (1861-1922): Dopo l'unificazione, l'educazione civica in Italia aveva l'obiettivo di promuovere un senso di identità nazionale e di coesione tra le diverse regioni che componevano il nuovo Regno d'Italia. L'istruzione era vista come un mezzo per creare cittadini consapevoli della loro appartenenza a una nazione unita. Nonostante l'importanza attribuita all'educazione civica, il sistema educativo dell'epoca era caratterizzato da diversi limiti. L'istruzione era spesso riservata a pochi, soprattutto nelle zone rurali, e non era ancora completamente universalizzata. L'accesso all'educazione era determinato da fattori sociali ed economici.
Periodo fascista (1922-1943): Durante il periodo del regime fascista, l'educazione civica fu fortemente influenzata dalla propaganda politica del regime. L'obiettivo era formare cittadini devoti allo Stato e alla sua ideologia. L'istruzione fu controllata centralmente e adattata ai principi del regime.
Il Dopoguerra (1945-1960): Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'educazione civica in Italia subì una revisione. La Costituzione italiana del 1948 sottolineò l'importanza dell'istruzione e della formazione dei cittadini. L'educazione civica fu inclusa nei programmi scolastici, con l'obiettivo di promuovere i valori democratici e la partecipazione civica. Importante fu la legge n. 585 del 1958 a firma Aldo Moro, l’allora Ministro della Pubblica Istruzione, che introdusse l’educazione civica come parte integrante del programma di storia per due ore al mese. Furono messi per iscritto anche i programmi che prevedevano come macroargomenti i lineamenti essenziali della Costituzione, i diritti e i doveri dei cittadini, il lavoro e la sua organizzazione e tutela, le organizzazioni sociali di fronte allo Stato, le nozioni generali sull’ordinamento dello Stato, i principi della cooperazione internazionale.
Tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 tre momenti segnarono passi importanti.
Nel 1979 il ministro Mario Pedini introdusse l’educazione civica come materia di insegnamento affidata al consiglio di classe solo per le classi terza della secondaria di primo grado.
Subito dopo l’assassinio del presidente Piersanti Mattarella, Assemblea Regionale della regione Sicilia aveva spinto per l’approvazione di una legge (L. 51 del 1980) che rendesse obbligatoria l’educazione “antimafiosa”, stanziando fondi speciali per la sua promozione.
Qualche anno più tardi, nel 1985, la ministra Franca Falcucci estese l’educazione civica nella scuola primaria, accanto a Storia e Geografia: il vertice dei programmi, modificati proprio in quell’anno, era l’educazione alla convivenza democratica.
In aperta controtendenza, fu la decisione nel 1990 dall’allora ministro Sergio Mattarella di far scomparire l’educazione civica dai programmi scolastici, presa, in accordo col presidente del consiglio Giulio Andreotti: fu, in realtà, una scomparsa relativa che colpì soprattutto l’insegnamento nelle scuole primarie, ma che consentiva ai docenti di storia di continuare a trattarne i temi all’interno del monte orario complessivo.
A grandi salti arriviamo al 1996, anno in cui viene varata la direttiva ministeriale n. 58 “Programmi di insegnamento di educazione civica” che in riferimento alla Legge Moro del 1958 allega un documento “Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzionale”, che ebbe parere favorevole del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, ma non vide mai grande applicazione.
Il 30 ottobre 2008 si arrivò alla conversione in legge (L. 169 del 2008) del decreto legge 137/2008, firmato dalla ministra Gelmini, che prevedeva un Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, presentando l’indicazione di nuclei tematici e relativi obiettivi di apprendimento, a partire dalla scuola dell’Infanzia.
L’ultima norma che regola l’insegnamento e i percorsi dell’educazione civica a scuola è la Legge n. 92 del 2019, legge emanata dall’allora governo Conte I. A seguito della legge, il Ministero dell’Istruzione (oggi Ministero dell’istruzione e del merito) inviò alle scuole linee guida per implementare le nuove regole sull’educazione civica a partire dall’A.S. 2020/2021. Da quel momento sono diventate obbligatorie almeno 33 ore, spese per i temi di civica divisi in tre assi:
La Costituzione. Studentesse e studenti approfondiranno lo studio della nostra Carta costituzionale e delle principali leggi nazionali e internazionali. L’obiettivo sarà quello di fornire loro gli strumenti per conoscere i propri diritti e doveri, di formare cittadini responsabili e attivi che partecipino pienamente e con consapevolezza alla vita civica, culturale e sociale della loro comunità.
Lo sviluppo sostenibile. Alunne e alunni saranno formati su educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio, tenendo conto degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU. Rientreranno in questo asse anche l’educazione alla salute, la tutela dei beni comuni, principi di protezione civile. La sostenibilità entrerà, così, negli obiettivi di apprendimento.
Cittadinanza digitale. A studentesse e studenti saranno dati gli strumenti per utilizzare consapevolmente e responsabilmente i nuovi mezzi di comunicazione e gli strumenti digitali, in un’ottica di sviluppo del pensiero critico, sensibilizzazione rispetto ai possibili rischi connessi all’uso dei social media e alla navigazione in rete.
Cosa cambierà nell’immediato futuro? Quali azioni la scuola metterà in campo per migliorare l’approccio alla cittadinanza dei nostri discenti?
Riccardo Cabrini - @cabriniprofdimate
Un’unità didattica sulle specie aliene invasive
Nell’ambito dell’educazione civica quando è possibile cerco sempre di inserire pillole di educazione ambientale. Sia per “deformazione professionale” (visto che ho una formazione da biologa ambientale) sia perché è quanto ci viene suggerito dalle “Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica”.
In particolare oggi voglio proporvi uno spunto per un’unità didattica a partire dal Goal 15 “Vita sulla Terra” con focus sul punto 15.8 a tema specie aliene invasive.
Le IAS (invasive alien species) sono uno “dei cinque maggiori fattori diretti di perdita di biodiversità, insieme a distruzione e degradazione di habitat, inquinamento, prelievo di risorse biologiche e cambiamenti climatici” (rapporto Ipbes, 2023) con conseguenze importanti non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute umana e l’economia. Fare prevenzione con una corretta educazione sul tema è sicuramente un buon modo per dare maggiore consapevolezza ai cittadini di domani. Di questo argomento ne avevo scritto in un post dedicato che vi lascio qui.
In questa unità didattica voglio portare l’attenzione su due specie invasive e dannose che hanno avuto effetti diversi sull’opinione pubblica: lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) e il granchio blu (Callinectes sapidus). Anche su questo tema ho dedicato due post di cui vi lascio i link: scoiattolo grigio, granchio blu.
Obiettivi:
comprendere il concetto di specie aliene invasive e il loro impatto sulla biodiversità;
esaminare le caratteristiche del granchio blu e dello scoiattolo grigio come specie invasive;
individuare le conseguenze negative di queste specie sugli ecosistemi, sull’economia e la salute umana;
analizzare e interpretare i dati sui danni causati dalle due specie per aumentare la consapevolezza sul tema;
esaminare la comunicazione dei media per le due specie;
proporre soluzioni e strategie per fare prevenzione e gestire le specie aliene invasive.
Suddivisione dell’attività:
Cosa sono le specie aliene invasive, definizione e impatto sulla biodiversità;
Focus sulle due specie scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) e il granchio blu (Callinectes sapidus): ecologia e biologia; storia della loro introduzione in Italia; impatti sulla biodiversità, sugli ecosistemi e sull’uomo;
Analisi, rappresentazione e interpretazione dei dati statistici sui danni causati dalle due specie;
Attività 1. Ricerca di informazioni/notizie sui media tradizionali e simulazione di un dibattito tra gli studenti sulla comunicazione delle due specie.
Attività 2. Brainstorming: partendo dal punto 15.8 dell’agenda 2030, proporre soluzioni per prevenire la diffusione delle specie aliene invasive.
Attività 3. In piccoli gruppi, realizzazione di materiale informativo e divulgativo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e creare maggiore consapevolezza, non solo sulla prevenzione di ulteriori introduzioni, ma anche su come gestire gli individui già presenti (ad esempio per quanto riguarda lo scoiattolo grigio nei parchi urbani, sensibilizzare le persone al non cercare di avvicinare gli animali e dare loro del cibo).
Discipline coinvolte: scienze, matematica, tecnologia, italiano e geografia.
A chi rivolgere l’attività: con dovute accortezze e accorgimenti, l’attività può essere proposta sia al primo che al secondo grado.
Valutazione:
Partecipazione attiva in classe e nelle attività di gruppo.
Presentazioni del materiale informativo sulle specie aliene invasive.
Coinvolgimento nel dibattito e brainstorming sulla gestione delle specie invasive.
Risorse e documenti da consultare:
Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
Siti regionali e locali
Emanuela Chiodo - @lascienzatraibanchi
7 parole contro la violenza sulle donne
La terza in cui quest’anno insegno italiano è il risultato della fusione di due seconde. Entrata in aula, il mio primo obiettivo è stato quello di favorire la conoscenza reciproca tra i due gruppi.
Il dolce stil novo è stato il mio alleato.
Con precisione chirurgica ho diviso la classe in gruppi misti da tre, a cui ho affidato la realizzazione di un glossario illustrato dello stilnovo (v. richiesta e rubrica di valutazione).
Ogni gruppo ha ricevuto il template di una presentazione, composta da 9 slide dedicate alla definizione di una parola chiave dello stilnovo. La scelta delle parole doveva basarsi su testi analizzati in aula e su alcuni testi non analizzati, raccolti in un’antologia digitale fornita come materiale. Per la definizione erano fondamentali la correttezza del contenuto ed anche il registro linguistico, che doveva corrispondere a quello del vocabolario. Per le illustrazioni invece l’invito è stato quello di dare libero sfogo alla creatività, a patto che si rispettassero la coerenza tra parola e immagine, e l’omogeneità tra tutte le immagini. Alcuni gruppi si sono divertiti (e impegnati) a realizzare meme, altri grazie al progetto hanno scoperto la pittura preraffaellita, altri invece hanno illustrato le parole dello stilnovo con scene tratte da film.
Il lavoro è stato svolto prevalentemente in aula durante le ore curricolari e terminato a casa.
Come spesso succede, la modalità di lavoro -in gruppo, in aula, con libro di testo e docente a disposizione, con un mix di vincoli e libertà- ha contribuito a creare una condizione di benessere che ha favorito la realizzazione con successo degli elaborati.
I glossari sono stati caricati su una cartella condivisa, per consentire a tutti di visionare il lavoro dei compagni. Quindi, in plenaria, ogni gruppo è stato invitato ad esprimere complimenti e suggerimenti nei confronti dei compagni. Infine attraverso la compilazione dell’autobiografia cognitiva (v. template) e la correzione dell’insegnante si è giunti alla valutazione finale.
Fin qui il racconto delle varie fasi di un’attività di storia della letteratura. Ma della violenza sulle donne ancora nessun cenno.
Un attimo e ci arriviamo.
Man mano che la classe lavorava alla definizione delle parole, aumentava la consapevolezza della rivoluzione stilnovista. Le parole, quasi come personaggi su un palcoscenico, illuminate dall’occhio di bue, svelavano la potenza del loro significato anche ai lettori più distratti.
Pertanto, quando ho proposto un collegamento fra quelle parole e il nostro presente, per tutti è stato palese che Guinizzelli, Cavalcanti, Dante avessero ancora molto da dire. Il contesto in cui abbiamo attualizzato le parole è stato quello della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Le ragazze e i ragazzi della 3U, hanno scelto 7 parole per sensibilizzare al valore e al rispetto della donna, per combattere la cultura del patriarcato e dire di no a qualsiasi violenza. Così ‘gentile’, parola chiave del lessico stilnovista, ovvero nobile d’animo, indica l’uomo che gioisce per i successi della donna e la supporta negli insuccessi, [...] che la accompagna solo quando lei vuole, che la sa elogiare.
Le 7 parole con le definizioni adattate sono diventate un breve racconto social, fatto di 7 post più uno, per accompagnare chi lo volesse al 25 novembre. Questa volta una commissione di ragazze e ragazzi si è occupata della veste grafica, risultato di molte prove discusse insieme.
L’attività ci ha permesso di riflettere sulla forza del linguaggio come agente di cambiamento e sulla comunicazione non violenta. La nostra bussola è stata il Manifesto della comunicazione non ostile, in particolare il principio n. 2: Si è ciò che si comunica.
Matilde Maresca - @matimare
“Maestro/a, perché c’è la guerra?”
I bambini amano indagare la possibilità, trovare risposta alle loro curiosità. A volte lo fanno con molta spontaneità, tirando fuori dalla loro mente domande dirette, ed intensamente potenti.
Una domanda così spiazza chiunque, perché lascia l’interlocutore senza risposta, perché una risposta che sia realmente semplice non c’è. Come insegnanti però, possiamo trovare sempre una risposta efficace alle domande dei nostri bambini. Entriamo in biblioteca, osserviamo le copertine esposte e scegliamo… un libro!
“Il giorno che venne la guerra”, di N. Davies e R. Cobb, editore Nord Sud
Questo libro è una risorsa preziosa per condividere la storia di bambini che a causa della guerra devono lasciare il loro paese d’origine. È un racconto delicato, che fa capire quanto la guerra sia divisiva e capace di cancellare un paese, non solo la sua struttura, ma anche le sue persone. Non si parla di battaglia, di mondi nemici, di armi. Si parla di vita, prima e dopo la guerra, di viaggio, di esclusione, di ricominciare tutto da capo. C’è una frase che mi ha colpito particolarmente: “sembrava proprio che la guerra si fosse impossessata del mondo e di tutta la gente”; una situazione così pesante da entrare nella testa delle persone. Il finale è, per fortuna, un barlume di speranza: nelle mani di un nuovo compagno una sedia, per accogliere quella bimba che fugge da un paese in guerra. Una sedia per giocare insieme, per imparare ancora, per farsi un po’ compagnia; “Una sedia per scacciare la guerra dal cuore”.
“Il cammino dei diritti” di J. Carioli e A. Rivola
Parlando invece di diritti, nel senso più ampio di ciò che la guerra può negare, mi viene in mente una collezione di racconti.
“Il cammino dei diritti” di J. Carioli e A. Rivola, edito da Fatatrac è un volume illustrato contenente 20 illustrazioni e 20 bellissime poesie in rima che parlano di diritti. È realizzato in collaborazione con Amnesty International.
Nel libro sono menzionate venti date, a partire dall’abolizione della pena di morte nel 1786, attraverso cui vengono ripercorsi i diritti di uomini e donne, conquistati da persone importanti, che oggi ricordiamo per essersi “battute” per noi.
Francesca Scileppi - @effedimaestra
Gessetti consiglia… un libro!
Oggi voglio consigliarvi un libro di Antonio Sortino dedicato all’insegnamento dell’educazione civica e matematica: “Insegnare matematica per la cittadinanza: Idee ed esperienze inclusive per la scuola secondaria di primo grado”. E’ un manuale di poche pagine, di facile e veloce lettura, ma che offre numerosi spunti per poter affrontare l’educazione civica durante le ore di matematica. Il volume si divide in un’introduzione e 5 capitoli in cui vengono affrontati spunti per lezioni, matematica ed educazione civica, storia della matematica e inclusione interculturale e anche il gioco come strumento inclusivo e per apprendere.
Emanuela Chiodo - @lascienzatraibanchi
“È inutile andare a cercare lontano dove si trovino il bene e la felicità. Si trovano nella pace imposta, nel lavoro ben ritmato, svolto in comune e individuale, nella ricchezza accumulata e poi redistribuita, nel rispetto e nella generosità reciproci che sono insegnati dall’educazione”
(Marcel Mauss, Saggio sul dono)
Siamo in grado, oggi, di costruire un sistema-scuola che consenta ad ognuno di deporre le armi (quanti dei nostri studenti e dei nostri colleghi si sentono perennemente ‘in guerra’ con il mondo?) e di prendersi carico di una comunità per contribuire al bene e alla felicità di tutti?
Forse è giunto il momento di inventarne una nuova, di scuola, invece di affannarsi (inutilmente) a riparare quella ‘vecchia’. Ma quali dovrebbero essere i parametri di una simile e necessaria rivoluzione copernicana? E soprattutto, come integrarla con una rivoluzione gemella e parallela, che dovrebbe coinvolgere la famiglia, la televisione, le attività di svago, l’organizzazione delle città…?
E ancora: come possiamo aiutare i nostri giovani a raggiungere un concetto di autonomia che non sia individualismo? Mi sembra chiaro che la risposta sia piuttosto urgente, dato che questi nostri giovani saranno i futuri prossimi genitori, politici, imprenditori etc.
Scrive Philippe Meirieu che una istituzione è ciò che rende possibile mettere in relazione gli esseri umani. Perché la scuola possa riaffermarsi a gran voce una ‘istituzione’, dovremmo - noi tutti che la agiamo - porre come traguardo di ogni nostra azione l’incremento in relazione che possiamo introdurre all’interno di essa. Non soltanto tra docenti e studenti, ma anche tra docenti (penso ai ‘conflitti’ che nascono in sede di scrutinio, ad esempio!).
Ne siamo capaci?
Simona Butò - @epea.pteroenta
Abbiamo pensato al nome Gessetti perché ci è sembrato l'oggetto più adatto a rappresentare i molteplici colori che compongono la realtà della scuola. La scuola che ci piace è infatti variopinta come la vita. Anzi, a scuola c'è vita: ci sono soffitti di domande, risate e anche sogni. Ci sono pareti tappezzate di confronto, incontri e, a volte, delusioni. Ci sono lavagne di cose nuove da imparare e di abitudini da reinventare.
Ci accomuna l'amore per la scuola come luogo di scoperta e di apprendimento, di crescita e di civiltà per tutti.
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